Escher tra matematici e hippies

di Erminia Murchio

Entrare nel mondo di Maurits Cornelis Escher (1898-1972) è una malia, una magia, è oltrepassare lo specchio di Alice e, a poco a poco, perdere (volutamente) quel tanto di coscienza critica che la ragazzetta, inventata da Lewis Carroll, manteneva davanti al Cappellaio Matto e a tutti gli eccentrici personaggi e accadimenti astrusi di quell’altra realtà in cui era precipitata. Proiettarsi dentro uno dei suoi quadri significa non fare resistenza ai paradossi, non domandarsi come e perché sia possibile salire quella medesima scala su cui, accanto a te, un’altra persona sta scendendo, arrivando a un differente piano (pianerottolo) e livello rispetto a quello da cui tu sei partito, in un incrocio di piani, triangoli, intersecazioni che negano l’esistenza della legge di gravità, andando oltre (para) l’apparenza (doxa), come possiamo sperimentare in Relatività, litografia del 1953.

Maurits Cornelis Escher: Relatività, 1953
Litografia, 27,7×29,2 cm – Olanda, Collezione Escher Foundation
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Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Un artista multiforme
  • Illusioni e incanti
  • Suggestioni italiane
  • Trasformazioni
  • Dalle due alle tre dimensioni

Escher, Genova Palazzo Ducale, 9 settembre 2021 – 20 febbraio 2022.