Alla scienza l’ultima parola?

di Anna Wolter

In questo periodo la scienza è alla ribalta. Anche i politici sembrano dire: «Obbediamo alla scienza» quando in realtà ciascuno strattona per la manica il proprio scienziato o scienziata preferito per portare l’acqua al proprio mulino. L* scienziat* di turno, portat* in TV fin dall’inizio della pandemia come un guru o una macchietta – a seconda delle trasmissioni – ha riscosso inizialmente un grande successo. Ma dopo qualche settimana il clima è iniziato a cambiare. L* scienziat* non risultava piú cosí affascinante. Perché?
Queste righe vogliono essere una riflessione sul ruolo pubblico dell* scienzat* e della scienza, su com’è cambiato questo ruolo negli ultimi decenni. Se, infatti, ancora all’inizio del secolo scorso l* scienziat* veniva considerat* come un punto di riferimento infallibile – un esperto chiuso nella torre d’avorio della conoscenza da cui uscivano sentenze incomprensibili e non attaccabili – e la scienza e la tecnologia portavano il progresso, verso la fine del millennio la preminenza della scienza ha iniziato a vacillare.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Una fondamentale incertezza
  • Il concetto di probabilità
  • Come funziona il metodo scientifico?
  • Un processo lento
  • Voci discordanti
  • Diverse responsabilità