Bose, un’esperienza da non perdere

di Giannino Piana

Le recenti vicende che hanno segnato la comunità monastica di Bose, e che sono state raccontate da piú parti con imprecisione e superficialità, qualche volta anche in modo distorto e fazioso, sono l’occasione che ha spinto Riccardo Larini – fisico, pedagogista e teologo, monaco nella comunità per undici anni – a scrivere queste pagine, che ricostruiscono la storia di questa singolare esperienza comunitaria.

Il progetto Bose

Il percorso che ha condotto alla realizzazione di tale esperienza è qui sviluppato, nelle sue fasi salienti, con viva partecipazione, mettendo in evidenza lo spirito che ha animato fin dall’origine il fondatore Enzo Bianchi, e che può essere riassunto nella volontà di dare vita a un cristianesimo adulto, fatto di persone libere e capaci di rendere ragione della loro fede in piena solidarietà con chi vive nel mondo.
Larini disegna anzitutto il contesto entro il quale è venuta maturando l’iniziativa, che ha inizio negli anni 60 del secolo scorso in un tempo particolarmente promettente per gli sviluppi della vita ecclesiale. A incidere, in misura determinante, è anzitutto il clima spirituale inaugurato dal Vaticano II, che ha sollecitato la chiesa a una profonda riforma, dando avvio, grazie alla promulgazione del decreto Perfectae Caritatis, anche a un cammino di rinnovamento della vita monastica e religiosa volto a riscoprire le radici evangeliche. Aderendo a questo invito, Enzo Bianchi, dopo essere stato promotore nel 1964 di una fraternità ecumenica a Torino, l’8 dicembre del 1965 si reca a Bose in una delle cascine abbandonate e dà inizio a un progetto di vita comunitaria poggiato su due pilastri fondamentali: la centralità del vangelo e l’ecumenismo.
Il progetto Bose deve fare subito i conti con i fermenti, le illusioni e le delusioni dell’immediato postconcilio, affrontando con coraggio le diffidenze e le contrarietà di alcune autorità ecclesiastiche che non condividono la scelta di una comunità mista di donne e uomini e la presenza di persone appartenenti alle diverse confessioni cristiane. L’iniziativa tuttavia va avanti, e a gettare le basi del progetto viene prodotta nel 1971 la Regola di Bose, che verrà in seguito aggiornata, la quale delinea i valori di fondo cui va ispirata la vita comunitaria: dall’obbedienza al vangelo (e solo a esso), alla povertà intesa come condivisione, fino al celibato in quanto testimonianza dell’urgenza del Regno.

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  • Un grande sviluppo
  • Difficoltà recenti