Come allargare lo spazio della tenda?

di Cesare Sottocorno

Alla fine di ottobre del 2022 è stato pubblicato e presentato il documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo: Allarga lo spazio della tua tenda, contiene le sintesi provenienti dalle Chiese dei cinque continenti e sarà la base dei lavori delle assemblee sinodali che si terranno tra gennaio e marzo 2023. Un lavoro complesso, ricco di riflessioni e partecipato a dimostrazione della potenza e della ricchezza delle esperienze che le diverse Chiese hanno compiuto.

Entusiasmi e realismo

Nell’introduzione si afferma, con entusiasmo, che, a un anno dalla sua apertura, il Sinodo va avanti e che, «a livello globale la partecipazione è stata superiore ad ogni aspettativa». La prima tappa del processo sinodale ha raccolto le speranze e le sofferenze del popolo di Dio e, in particolare «ha ridestato nei fedeli laici l’idea, e il desiderio, di coinvolgersi nella vita della Chiesa». Ha prodotto frutti abbondanti, semi nuovi, che promettono una nuova crescita, dando voce a molti e rafforzando il sentimento di appartenenza alla Chiesa che non è quella formata solo dai preti e dalle gerarchie ecclesiastiche. In alcuni ambiti si è sottolineato che, per la prima volta la Chiesa ha ascoltato le opinioni dei membri delle comunità, almeno di alcune, mettendo in evidenza, soprattutto nei Paesi di missione, le luci e le ombre del processo di evangelizzazione. Nella relazione si sottolinea altresí che non sono mancati problemi non solo a causa della pandemia, ma anche perché è risultata difficile la comprensione del significato della sinodalità, non si sono organizzati gli incontri previsti, si è registrata una certa passività dei laici e si sono verificate resistenze da parte del clero che non sempre ha assunto quel ruolo di guida che sarebbe stato di sua competenza.
Viene quindi accolta una certa dose di realismo, in chiara contrapposizione con l’entusiasmo espresso in altre circostanze. Si è addirittura temuto che all’interno della Chiesa si potessero adottare «meccanismi e procedure imperniati sul principio di maggioranza di tipo democratico». Lo scandalo degli abusi sui minori e sulle persone vulnerabili compiuti da membri del clero ha rappresentato un

ostacolo di particolare rilevanza sulla via del camminare insieme e rimane una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità.

Problematica che la Conferenza episcopale italiana si è impegnata ad affrontare in modo rigoroso, come risulta dall’accordo recentemente stipulato con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori volto a promuovere una linea comune sempre piú incisiva nel combattere gli abusi sessuali all’interno della Chiesa.

Difficoltà contingenti

Il processo sinodale, in non pochi territori, si è incrociato con le guerre che insanguinano il mondo, con situazioni di estrema conflittualità, come è stato per la tragedia del genocidio dei tutsi in Ruanda. Sono stati avviati, non senza difficoltà, percorsi di riconciliazione al fine di arrivare «a un’autentica guarigione della memoria collettiva». Al termine del primo capitolo, dopo aver dichiarato che la comune dignità battesimale dei cristiani è il fondamento del dialogo con le altre confessioni, si ricorre a un’immagine biblica: il processo sinodale non è tanto la fine di un allontanamento tra i membri di una stessa famiglia, ma «il ritorno da un esilio le cui conseguenze riguardano l’intero popolo di Dio». Dunque un ritorno con la consapevolezza di cambio degli strumenti, come suggerito dalla citazione del profeta Isaia posta a titolo del documento: «Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rafforza i tuoi paletti» (Is 54, 2).
Parole che ci invitano a immaginare la Chiesa come una tenda che non solo si allarga, ma si sposta, è aperta, «accoglie altri al suo interno, facendo spazio alla loro diversità». L’immagine della tenda ne abbraccia altre due: quella della famiglia e quella della casa, luoghi che sono al tempo stesso simbolo di appartenenza e di ritorno. Includere e accettare in modo radicale, attraverso un accompagnamento pastorale basato sul discernimento, scrive la Conferenza Episcopale dell’Inghilterra e del Galles, consente alla Chiesa, da un lato, di evitare che rimanga intrappolata di fronte alle tensioni generate dalle diversità, dall’altro di «continuare a percorrere la propria strada senza coinvolgersi con chi ci è vicino nel cammino». Il primo passo per una Chiesa che veramente diventi modello di accoglienza esige una profonda conversione degli atteggiamenti a partire dalla disponibilità all’ascolto e occorrerà individuare strumenti idonei, anche lontani dalle strutture clericali che comunque ancora si cerca di tenere vive.

Disagi dei preti e assenza dei giovani

Numerosi sono però gli ostacoli da superare, per esempio la frammentazione delle relazioni tra i preti e i laici o le disparità socioculturali ed economiche che avvantaggiano i ceti piú abbienti o il permanere di una cultura clericale individualista. Va altresí considerato il fatto che anche molti membri del clero soffrono la solitudine e non trovano ascolto riguardo alle dimensioni affettive e sessuali della loro vita. Le sintesi continentali hanno segnalato le problematiche relative alle condizioni e alle famiglie dei preti venuti meno al voto del celibato. Si sono evidenziate la scarsa presenza dei giovani nel processo sinodale, la mancanza di strutture e modalità appropriate alle persone con disabilità ed è stato ribadito l’impegno «per la difesa della vita fragile in tutte le sue fasi». Molte comunità hanno avviato il percorso sinodale mettendosi in ascolto dei giovani, delle donne, di chi si è sentito trascurato e incompreso. La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha dichiarato:

La gente chiede che la Chiesa sia un rifugio per chi è ferito e piagato e non un’istituzione per i perfetti. Vuole che la Chiesa incontri le persone ovunque si trovano, cammini con loro anziché giudicarle.

Diventa allora necessario avviare un dialogo piú costruttivo e dare parola ai divorziati risposati, ai genitori single, alle persone che vivono in un matrimonio poligamico, alle persone LGBTQIA+. E ancora: ai piú poveri, gli anziani soli, ai popoli indigeni, ai migranti, ai bambini di strada, agli alcolizzati, ai drogati, a chi è caduto nelle trame della criminalità, ai carcerati e a tutti quelli che sono discriminati e subiscono violenze a causa dell’etnia, del genere e della cultura. Una Chiesa quindi che sappia cogliere le sfide sociali e ambientali del mondo d’oggi dando risposte concrete, rifiutando la divisione tra credenti e non credenti, dare nuova vita all’ecumenismo, camminando insieme a tutta la famiglia umana.

Ecumenismo e coinvolgimenti

In molte realtà i cristiani condividono le loro attività con persone di altre fedi, ma si precisa che c’è ancora «molta strada da percorrere in termini di scambio e collaborazione sociale, culturale, spirituale e intellettuale».
L’approccio interculturale deve diventare piú consapevole. Le differenze sono da considerare un fattore di crescita capace di valorizzare e integrare anche esperienze lontane tra di loro. Si pensi alle popolazioni indigene la cui spiritualità, saggezza e cultura hanno molto da insegnare. La Chiesa è chiamata ad ascoltare il grido della terra nelle regioni segnate, ormai quasi irreparabilmente, dai danni socio-ambientali e a farsi promotrice dei processi di giustizia, di pace e di riconciliazione tra le popolazioni martoriate a causa delle lotte tribali e delle guerre. Il documento riporta le riflessioni della Conferenza Episcopale del Sudafrica relative all’insegnamento della Chiesa sull’aborto, la contraccezione, l’ordinazione delle donne, i preti sposati, il celibato, il divorzio e il passaggio a nuove nozze, la possibilità di accostarsi alla comunione, l’omosessualità, le persone LGBTQIA+. Tematiche che sono state sollevate

in tutte le Diocesi sia rurali, sia urbane e intorno alle quali sono emersi punti di vista differenti che non consentono di formulare una posizione definitiva della comunità.

Si segnala la necessità di liberare la Chiesa dal clericalismo, come forma di impoverimento spirituale che isola il clero e danneggia le relazioni fraterne e i laici.
Le sintesi illustrano, in piú di un paragrafo, quello che dovrebbe essere il ruolo della donna nella Chiesa: «un punto critico su cui si registra un’accresciuta consapevolezza in tutte le parti del mondo» anche perché in alcune situazioni sociali piú difficili le donne, specialmente le religiose, sono già in prima linea nelle partiche sinodali. Nonostante le donne siano tra i membri piú attivi delle comunità, i loro carismi non sono sempre valorizzati e la gran parte dei ruoli decisionali e di governo sono riservati agli uomini. Dalle donne viene una forte richiesta alla Chiesa perché si metta al loro fianco e apra «la possibilità di una maggior partecipazione, pur limitata, nelle strutture ecclesiastiche e nelle sfere decisionali».
Sono state espresse posizioni molto diversificate riguardo all’ordinazione presbiterale per le donne che viene auspicata in alcune sintesi, mentre in altre è considerata una questione chiusa.

Rinnovamento liturgico

Si ribadisce che le responsabilità del percorso sinodale devono essere condivise da tutti e le tensioni emerse durante gli incontri sono da considerarsi fonte di energia per rinnovare le strutture esistenti, quali i consigli economici, diocesani, parrocchiali, diventino luoghi istituzionali di inclusione, dialogo e trasparenza. Diventa urgente allora prevedere, per tutto il popolo di Dio e in particolare per i presbiteri, una formazione continua che sostenga una cultura sinodale diffusa e metta in evidenza il profondo legame tra sinodalità e liturgia. Una liturgia, si è detto in piú parti, nella quale prevale ancora

il protagonismo religioso del celebrante e la passività dei partecipanti, la distanza della predicazione dalla bellezza della fede e dalla concretezza della vita, la separazione tra la vita liturgica dell’assemblea e la rete familiare della comunità.

Le omelie sono segnalate ovunque come un problema perché poco profonde e con un linguaggio non sempre accessibile.
Nel capitolo conclusivo, vengono illustrati «i prossimi passi » perché, come è stato espresso dal popolo di Dio, si passi da una Chiesa di mantenimento a una Chiesa in missione secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Dopo l’analisi e la lettura del documento, le chiese continentali sono chiamate a individuare quali siano le esperienze piú concrete, nuove e illuminanti, quali le questioni e gli interrogativi che dovrebbero essere affrontati, quali le priorità, i temi ricorrenti e gli appelli all’azione che possono essere condivisi con le altre Chiese locali nel mondo e discussi durante la Prima Sessione dell’Assemblea sinodale nell’ottobre 2023.

Futuro da inventare

Il testo apre la strada a un cammino dove le pietre d’inciampo sono solide e ben radicate in una storia millenaria. Non sarà facile smuoverle nonostante si sia sperimentata la gioia di camminare insieme e il desiderio di continuare a farlo. Pur in presenza di qualche apertura, non possiamo ignorare che neppure si parla di argomenti già presenti in documenti precedenti, come l’esortazione apostolica Querida Amazonia (già del 2020!) e ricerche elaborate, per esempio dal sinodo tedesco.
Tornato dall’esilio, il popolo ebraico ritrovò la terra che Dio aveva promesso ad Abramo attraverso il figlio Giacobbe. La Chiesa ha la sua terra promessa nel messaggio evangelico, da raggiungere e da coltivare. Su quelle pagine e su quegli insegnamenti si trovano le risposte a numerosi di quegli interrogativi emersi dal cammino sinodale. Occorrono volontà e coraggio per metterli in pratica con la ricerca di strutture nuove libere dal retropensiero del si è sempre fatto cosí.

 

Dal documento Allarga lo spazio della tua tenda riportiamo le righe che motivano il titolo.

25. È a un popolo che vive l’esperienza dell’esilio che il profeta rivolge parole che oggi ci aiutano a mettere a fuoco ciò a cui il Signore ci sta chiamando attraverso l’esperienza di una sinodalità vissuta: «Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti» (Is 54,2).
26. La parola del profeta richiama al popolo in esilio l’esperienza dell’esodo e della traversata del deserto, quando abitava nelle tende, e annuncia la promessa del ritorno alla terra, segno di gioia e di speranza. Per prepararsi, è necessario allargare la tenda, agendo sui tre elementi della sua struttura. Il primo sono i teli, che proteggono dal sole, dal vento e dalla pioggia, delineando uno spazio di vita e di convivialità. Occorre dispiegarli, in modo che possano proteggere anche coloro che ancora si trovano al di fuori di questo spazio, ma che si sentono chiamati a entrarvi. Il secondo elemento strutturale della tenda sono le corde, che tengono insieme i teli. Devono equilibrare la tensione necessaria a evitare che la tenda si afflosci con la morbidezza che ammortizza i movimenti provocati dal vento. Per questo, se la tenda si allarga, si devono allungare per mantenere la giusta tensione. Infine, il terzo elemento sono i paletti, che ancorano la struttura al suolo e ne assicurano la solidità, ma restano capaci di spostarsi quando si deve piantare la tenda altrove.
27. Ascoltate oggi, queste parole di Isaia ci invitano a immaginare la Chiesa come una tenda, anzi come la tenda del convegno, che accompagnava il popolo durante il cammino nel deserto: è chiamata ad allargarsi, dunque, ma anche a spostarsi.