Etica per un nuovo umanesimo

di Giannino Piana

Che l’etica pubblica sia oggi in crisi è un dato cosí evidente da non esigere grande dimostrazione. Molti sono i segnali che denunciano il venir meno nella coscienza collettiva di «evidenze etiche» che hanno costituito in passato un fattore determinante per la costruzione della convivenza civile e il riferimento obbligato per le scelte politiche e legislative. Lo sfilacciamento del tessuto sociale provocato dall’avanzare di una società complessa e differenziata, da un lato, e la sempre piú accentuata presa di distanza degli interventi pubblici dai valori morali in nome dell’adesione alla realtà fattuale dall’altro, sono altrettanti indici di uno stato di decadenza etica con gravi ripercussioni sulla vita della collettività.
Questo fenomeno risulta particolarmente evidente se si considera quanto si è verificato negli ultimi decenni nel nostro Paese e lo si confronta con il clima che ha caratterizzato gli anni dell’immediato dopoguerra. Mentre allora, nonostante la forte contrapposizione ideologica si era giunti a un civile compromesso, fondato sulla convergenza attorno a valori condivisi – ne è testimonianza la Carta costituzionale –; oggi, pur in presenza di una assai minore tensione ideologica, si è di fronte a una difficoltà molto maggiore a rintracciare valori comuni che rendano possibile la definizione di un ethos civile.

Caduta dei valori condivisi

A determinare questo stato di cose ha concorso un insieme di cause di carattere strutturale e culturale che, intrecciandosi tra loro, hanno dato vita a una condizione di estrema precarietà nelle relazioni interpersonali e sociali, precarietà che costituisce una minaccia per il presente e per il futuro. Il dato che affiora come il piú determinante è, a tale proposito, il farsi strada di una forma di accentuato individualismo, per il quale a prevalere è l’interesse personale o del proprio gruppo anziché la ricerca del bene comune.
Il riflesso immediato di questa visione ha luogo anzitutto sul terreno dei diritti dove un ruolo di prim’ordine rivestono i diritti soggettivi, che vengono vieppiú moltiplicandosi a scapito di quelli sociali e che rischiano di essere talora espressione di una libertà intesa come una forma di arbitrio incondizionato, che ha nella dinamica indefinita del desiderio la propria sorgente. Il motto del pensiero radicale «vale ciò che vale per me, vale per me ciò che mi piace» erode radicalmente il terreno dei valori comuni, che vengono sostituiti come criterio di valutazione dell’agire dal semplice riferimento al principio del piacere.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Sapere è potere
  • Necessaria una nuova antropologia
  • Un’etica per la persona
  • Libertà
  • Uguaglianza
  • Fraternità