La maggioranza può sbagliare?

di Ugo Basso

Fra i molti, moltissimi che vivono a disagio la condizione attuale del paese vi è chi comunque cerca di farsene una ragione accogliendo la cosiddetta ideologia dell’adattivismo, cioè riconoscendo le necessità di adattarsi a quel reale che ci si convince di non poter cambiare; oppure nell’attendismo, riconoscendo che in fondo qualcosa di buono c’è, che forse gli aspetti peggiori potranno essere rimossi e comunque c’è ancora spazio per stare a vedere; oppure ancora nella convinzione che una maggioranza cosí ampia deve essere accettata come espressione della volontà popolare, fondamento della democrazia. La maggioranza che sostiene il governo è indubbiamente alta, anche se molto meno di quello che la stessa maggioranza dichiara: la maggioranza parlamentare è poco superiore al cinquanta per cento, ma esprime solo chi ha votato, quindi circa la metà degli aventi diritto; una percentuale cresciuta nei sondaggi, significativi certo, ma pur sempre sondaggi. Ragioniamo comunque considerando una ampia maggioranza, che non quantifichiamo.
La storia insegna che il cocktail avvelenato di queste posizioni – adattivismo, attendismo, accettazione della maggioranza – un secolo fa ha aperto le porte al fascismo – oggi le cose sono indubbiamente diverse, ma non poi cosí tanto – garantendo in sostanza l’appoggio, o almeno la non opposizione, al regime anche di chi fascista non era. Non si tratta di vedere se nella politica del governo ci siano singoli provvedimenti condivisibili, senza qui ragionare sul caos, sulle contraddizioni, sulle polemiche interne, sulla modalità dell’approvazione del bilancio e i suoi contenuti: forse ce ne saranno, e certamente ce ne sono stati nel ventennio della dittatura del secolo scorso. Si tratta di chiedersi quali siano i principi ispiratori della maggioranza di governo. Se questi sono negatori dei diritti dell’uomo, dell’uguaglianza, della costituzione e addirittura diffusione dell’odio e tolleranza della violenza con incremento alle armi private, non mi pare ci possa essere nessuno spazio né per attendere, né per adattarsi: o rifiuto o complicità.
Quanto al consenso di cui gode la maggioranza, occorrono alcune osservazioni, oltre a quella ben ovvia, che distingue il diritto di governare, conferito appunto dalla maggioranza elettorale, dall’avere ragione. La maggioranza può sbagliare come dimostra ampiamente la storia e basta ricordare la partecipazione dell’Italia alla prima guerra mondiale e l’elezione di Hitler.
Proprio per questo la democrazia moderna si fonda sulla divisione dei poteri, garantendo alle tre fondamentali funzioni dello stato (legislativa, esecutiva e giudiziaria) autonomia e controllo e non consegna alla maggioranza espressa dalle elezioni la totalità del potere, come molti si immaginano e come politici eletti, ma non democratici, pretendono attraverso il cosiddetto spoils system (la pratica con cui gli amministratori eletti impongono propri affini in tutte le cariche dirigenziali dello stato, o degli enti territoriali): banche, RAI, grandi enti pubblici devono mantenere la propria autonomia dall’esecutivo, detenendo una propria responsabilità nei confronti del paese, senza controllo del governo. La pretesa di attribuire al governo il controllo totale della pubblica amministrazione e delle attività a essa collegate comporta l’uscita dalla democrazia costituzionale perché questa prassi garantisce solo i sostenitori della maggioranza parlamentare – che non è neppure detto sia la maggioranza nel paese – e non la minoranza. Senza dimenticare che il potere esecutivo, espressione della sola maggioranza e quindi legittimamente di parte, rappresenta e governa tutti i cittadini a cui deve dare conto e, neppure occorre dirlo, è, come tutti i cittadini, sottoposto alla legge.
Osserviamo ancora che nell’Italia di oggi il parlamento e il governo sono di fatto svuotati e il paese è retto da due persone, poco d’accordo fra loro, in forza di un’intesa privata, contratto, priva di alcun valore costituzionale.
E non basta a garantire la democrazia la possibilità alle successive elezioni di alternanze al potere: la costituzione riconosce sempre tutti i cittadini come titolari di sovranità e nello stato di diritto tutti devono essere tutelati dalla legge. Anche per chi sta all’opposizione deve dunque essere escluso quello stato di disagio oggi largamente percepito di cui dicevamo all’inizio: la democrazia, per mantenersi, deve darsi gli strumenti per difendersi, mentre abbiamo sotto gli occhi, nella storia e nell’attualità, casi in cui viene dissolta proprio da chi è eletto con le regole della democrazia. Purtroppo nessuno strumento vale contro la volontà autoritaria e l’indifferenza.
Non affronto ora un altro complesso problema come la manipolazione delle scelte degli elettori attraverso la rete sociale, comprese le informazioni consapevolmente false (fake news) e gli stessi mezzi dell’informazione finalizzati a costruire consenso con le tecniche del tifo sportivo, piuttosto che a presentare problemi e a far pensare con documentazioni adeguate. Ma riservo un’ultima nota a proposito di un’altra sensazione diffusa: la difficoltà, l’impossibilità di dialogo fra posizioni diverse. Se non stai con la maggioranza – pur del tutto ambigua e in continua contraddizione – non stai con il popolo, sei inadeguato ai tempi nuovi. A che cosa è dovuta questa incomprensione?
La domanda se la maggioranza possa sbagliare e come possano estendersi i suoi poteri trova altre inquietanti prospettive nell’analisi proposta da Alessandro Baricco che, sulla Repubblica (11 gennaio 2019), si chiede se non si sia rotto il patto fondante delle nostre democrazie, fra l’élite che nella cultura, nell’impegno professionale e politico, nell’educazione dei figli ha finora considerato di adempiere i propri doveri, magari illudendosi di salvare il mondo e chi, la maggioranza, considerandosi espropriato di benessere e di una vita godibile, non accetta piú nulla da quella che definisce casta, associando ai politici, in modo per la verità poco convincente, tutti quelli che studiano, pensano, dispongono di cultura, siano industriali, professionisti, bancari, docenti, preti. Le domande sulle responsabilità passate e sugli scenari futuri sono davvero tante.