Non é il libro del prete

di Cesare Sottocorno

Chi partecipa alla messa con attenzione avrà avvertito, a partire dall’avvento dello scorso novembre, alcune variazioni nei testi del rito, con consenso (finalmente!), disagio (perché cambiare?) o forse delusione (tutto qui?). Atteso e sperato, dopo diciotto anni di lavoro, il nuovo Messale romano, approvato dalla Conferenza episcopale italiana (CEI) e autorizzato da papa Francesco, è comunque entrato nelle celebrazioni liturgiche.
Il vescovo di Castellaneta, Claudio Maniago, presidente della commissione per la liturgia della CEI, che ha guidato la fase conclusiva della terza edizione italiana, ha affermato che il Messale non è il libro del «prete, ma della comunità, dono prezioso per riscoprire la bellezza e la fecondità della celebrazione eucaristica». Una bella affermazione per esprimere un rapporto nuovo fra laici e preti, fra l’assemblea liturgica e il suo presidente.
Le parrocchie e le diocesi sono invitate a programmare itinerari di formazione per favorire la comprensione di parole e gesti della celebrazione, consentendo una partecipazione piú attiva e consapevole.
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, ha precisato che nella traduzione si è cercato «uno stile che fosse consono alla lingua contemporanea» rimanendo fedeli al testo latino.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Le premesse
  • Che cosa è cambiato
  • Un’esperienza deludente
  • Il parere del teologo