Oggetti transizionali

di Augusta De Piero

L’amica Augusta De Piero, già titolare di importanti cariche nella regione Friuli e tuttora molto impegnata in ambito culturale e politico, è nota a molti per le sue battaglie, coraggiose e instancabili, per il riconoscimento dei diritti dei minori provenienti da altre nazioni. La piú nota delle sue battaglie, di cui abbiamo piú volte parlato anche in queste pagine, riguarda l’iscrizione all’anagrafe dei figli di non comunitari senza permesso di soggiorno. Nelle condizioni legislative attuali, questi bambini rischiano di non essere riconosciuti dai propri genitori indotti a non denunciarne la nascita agli uffici dell’anagrafe nel timore che questo atto riveli la loro condizione, condannandoli all’espulsione. In questo modo i neonati potrebbero venir sottratti ai genitori naturali oppure restano apolidi, senza alcuna cittadinanza e quindi senza diritti.
Con questa nota1 Augusta ci illustra lo spirito di disposizioni emesse nel dicembre 2018 con le quali il comune di Codroipo (UD), negli asili nido di sua gestione, vieta di fatto ai bambini figli di genitori non comunitari quegli oggetti consolatori nei primi distacchi, considerandoli negativi per l’integrazione, in quanto ricordo delle loro origini… Ogni piccolo ha diritto a una sua ‘coperta di Linus’2, ma non a Codroipo.

Se parlare di integrazione non è una presa in giro, il nido sarebbe un servizio da considerare con attenzione, se non altro per facilitare l’uso precoce della lingua italiana (ed eventualmente del friulano) come strumento di comunicazione e perciò di integrazione. Ma per l’iscrizione di minori ai servizi educativi e successivamente scolastici l’esibizione del permesso di soggiorno dei genitori è esclusa solo per la scuola dell’obbligo e il nido non lo è, come neppure la scuola dell’infanzia: quindi i piccoli che vengano iscritti ad asili nido e scuole dell’infanzia per frequentare i servizi educativi loro spettanti, se figli di non comunitari, devono reggere e superare il giogo del permesso di soggiorno dei genitori per cui rischiano di farsi spie della loro irregolarità. E pertanto spesso non vengono proprio iscritti, perdendo diritti e occasioni di integrazione.
Mantenere la norma che spie li vuole a me sembra un abuso grave quanto l’esercizio attivo della pedofilia, una scelta non solo dettata da ignoranza, ma anche vile. Purtroppo il superiore interesse del minore, principio ormai fermo nella legislazione, viene eluso con la complicità dell’opinione pubblica che esprime il consenso a questa ingiustizia con il voto alle forze politiche che la sostengono.
Ma torniamo agli oggetti che i bambini portano con sé al nido a compensazione del primo distacco, anche se sono italiani o nati in Italia. Il comune di Codroipo, in un emendamento approvato lo scorso dicembre dell’art 1 del regolamento sugli asili nido, modifica la dizione «contribuendo ad integrare le differenze ambientali e socio-culturali anche assicurando la presenza di materiali ludico-didattici che fanno riferimento alle diverse culture» con «contando su interventi educativi che gli [al bambino] consentano, senza inibirlo, di orientare le proprie energie verso comportamenti in cui egli riesca a stabilire proficue relazioni e a manifestare in modo costruttivo la propria iniziativa e inventiva, supportato da adeguati materiali ludico-didattici». Il riferimento alle diverse culture sparisce.
Nel successivo art 2 – «Al nido ogni azione è svolta nel rispetto delle diverse fasi di crescita, dei personali ritmi di sviluppo di ciascun bambino e alla cultura di provenienza» – l’emendamento esclude il rispetto della cultura di provenienza, per garantire «a tutti i piccoli uguali possibilità di sviluppo e di mezzi espressivi e contribuendo a superare i dislivelli dovuti a differenze di stimolazioni ambientali e culturali».
Si tratta di questioni locali e di linguaggi piuttosto oscuri che potrebbero dire poco, ma la genericità scivolosa di questi emendamenti potrebbe suggerire preoccupanti interpretazioni, come conferma l’esegesi chiarificatrice offerta dal governatore della regione Friuli Massimiliano Fedriga, esponente della Lega a livello nazionale. La traggo da una intervista concessa a Viviana Zamarian del Messaggero Veneto (8 dicembre 2018). Ricopio segnalando le virgolette della citazione originale e mentre scrivo non riesco a trattenere una solitaria, amara risata.
Il presidente ha affermato che «per integrare bambini che vengono da paesi lontani non bisogna dar loro materiale ludico-didattico del paese d’origine. Questi bambini devono conoscere tradizione e cultura del territorio in cui si sono trasferiti a vivere. Questo è fare integrazione».
Dalle dichiarazioni presidenziali si deduce che
1. i bambini da tre mesi a tre anni possono elaborare i loro ricordi in modo da farne un patrimonio atto a stabilire una consapevole identità;
2. tale identità deve essere cancellata per assicurare la conoscenza del territorio in cui sono capitati precocemente a vivere;
3. l’integrazione consiste nel cancellare la memoria e ogni possibile influenza del loro breve passato;
4. pragmaticamente ciò si ottiene (parola di presidente della giunta regionale) negando ai piccoli gli oggetti transazionali anche nel momento critico del distacco dalla mamma.
Fatico a immaginare una persona deputata alla pulizia etnoludico-didattica, da svolgersi in un quadro culturale di integrazione, che sottrae a un piccolo l’oggetto ostacolo all’integrazione stessa, l’oggetto che gli è caro quale che sia.
E vengo fulminata da un’immagine orrenda. Majdanek è una località situata a circa quattro chilometri a est di Lublino in Polonia. Sarebbe restrittivo definirlo un museo, è un campo di concentramento praticamente rimasto com’era dai tempi del nazismo. I pannelli esplicativi e gli oggetti esibiti all’interno delle baracche sono piú che sufficienti per rivivere l’orrore di questo campo. Sono visibili anche i forni crematori, nonché le camere a gas in cui veniva usato il famigerato Zyclon B.
In quel campo, che visitai qualche anno fa, vidi ordinati in una bacheca i bambolotti di celluloide. Li conoscevo bene perché ci giocavo anch’io come i miei piccoli coetanei cui furono sottratti prima che fossero gasati e bruciati, ceneri nel vento. Per far memoria della malvagità idiota, quei bambolotti furono trattati come bottino di guerra e conservati tanto da poter essere esibiti anche oggi all’orrore di chi pensa a quali abissi di disvalore aggiunto possa arrivare la crudeltà, specialmente se organizzata.
Per fortuna si tratta di scenari diversi: ma le memorie aiutano a leggere nel presente possibili evoluzioni.

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1 La locuzione oggetto transizionale fu coniata dallo psicoanalista e pediatra Donald Woods Winnicott (1896-1971); con questo termine egli indicò quell’oggetto che può comparire nella vita del bambino dal sesto al dodicesimo mese circa di vita, al quale egli attribuisce un particolare valore perché rappresenta qualcosa tra sé e un’altra persona importante e significativa come la mamma. L’oggetto transizionale diviene un elemento inseparabile, a poco a poco si impregna degli stessi odori di latte, di biscotto, di borotalco, che sono anche l’odore di «mamma e bambino», proprio come fosse una parte di sé. Nello stesso tempo evoca la mamma, la sua presenza, il suo rapporto con lei. Questo dà grande sicurezza al bambino: stringendosi al suo gioco preferito o alla sua copertina non si sente piú in balia degli eventi, sa di poterli dominare proprio come se la mamma lo tenesse per mano (Rita Tei).
2 Linus, noto personaggio di una striscia di fumetti americana ideata da Charles M. Schulz, appare la prima volta nel 1954 con una coperta azzurra da lui chiamata coperta di sicurezza e il pollice in bocca … da allora non ha piú abbandonato la sua coperta.