Quella volta sul ponte

di Erminia Murchio

Sul crollo del ponte è stato scritto e detto talmente tanto che non abbiamo mai voluto aggiungere altro che il nostro silenzioso cordoglio e il rammarico per tante inadempienze e bugie: ora, mentre l’incompetenza di chi ha promesso illusioni pare avviare qualche opera significativa, ci torniamo attraverso le emozioni di chi ne ha trovato nella personale memoria la storia e l’anima.

14 agosto 2018, poco prima di mezzogiorno, a Genova succede un qualcosa di assolutamente impensabile, inimmaginabile sino a quel momento per la mente di noi genovesi, ma anche di tutti i piemontesi, milanesi, stranieri (e foresti in generale) abituati ad arrivare nel capoluogo ligure per studio, lavoro, turismo, per raggiungere la seconda casa in riviera o per salire su un traghetto, una nave, per una vacanza. È CROLLATO IL PONTE MORANDI. Il nostro ponte di Brooklyn, come viene chiamato da molti, soprattutto in Val Polcevera e a Sampierdarena, quello che tutti percorriamo, persino piú volte nello stesso giorno, se dobbiamo attraversare la città da Levante a Ponente, se dobbiamo lasciarla per andare verso Savona, Ventimiglia, la Francia, ma anche il Piemonte oppure se dobbiamo raggiungerla. Scavalca in modo ardito il Polcevera, connette due parti della città e la mette in comunicazione con il resto d’Italia e dell’Europa.
Fa il mestiere dei ponti.
Faceva. Ora non piú.

Racconti e suggestioni

Nei giorni successivi al crollo, Luca Bizzarri, presidente di Palazzo Ducale, Fondazione per la Cultura, si rivolge ai cittadini genovesi, sui social e sui giornali, invitandoli a scrivere racconti, suggestioni, loro esperienze rispetto al ponte Morandi, a esprimere i propri sentimenti.
Il 14 settembre, un mese dopo la tragedia, a una Piazza De Ferrari gremita di persone, ne legge uno, particolarmente significativo, incalzante, persino comico e molto simbolico. È il racconto di una corsa in autostrada per trasportare molto, molto velocemente una giovane donna, in fase di travaglio, in ospedale per il parto. È il marito/padre che scrive, quasi una radiocronaca minuto per minuto del viaggio, delle frasi, delle rassicurazioni, delle proteste della moglie puerpera «piú veloce, piú veloce!», «tranquilla, cara, siamo sul ponte… ormai ci siamo». Quando arrivi sul ponte, ormai, sei a casa, sei a destinazione. È (era) cosí per tutti. E invece, no. Non in questo caso.

Continua sul Gallo stampato… e nel seguito:

  • Un libro e una mostra
  • L’orgoglio di Genova
  • Una leggerezza pesante