Sangue a Scutari

di Giuseppe Patti

 

In un recente viaggio in Albania alla scoperta di un paese vicino e ben poco noto, oltre alle bellezze naturali e ai ricchi siti archeologici, abbiamo colto nelle testimonianze di molte persone e in molte tracce ancora ben visibili, quali sofferenze abbia subito la popolazione negli oltre quarant’anni (1946-1991) di uno dei piú assurdi e tirannici regimi comunisti, chiuso a qualunque rapporto con l’estero, intollerante fino al sadismo con i cittadini, soprattutto i credenti. Questa poesia del padre Giuseppe Patti SJ è denuncia, riconoscenza e speranza.

 

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

Siamo stati battuti,
ci hanno messo le uova bollenti sotto le ascelle
e cosí ci hanno legato
fino alla scottatura delle ossa;
ci hanno lasciati nudi per mesi;
e nudi, legati agli alberi del giardino del convento,
nel nostro gelido inverno.
Per giorni e giorni hanno tenuto immobili le nostre figlie
legate alle ringhiere,
e la notte le hanno tenute impiccate per i polsi.
Hanno scaricato tanti e tanti volts tra le nostre orecchie
e tanti di noi siamo morti cosí.
Hanno piantato nei nostri inguini
le punte arroventate dei fucili;
hanno denudato in pubblico i nostri sacerdoti;
hanno chiuso in un sacco una nostra figlia
nuda, assieme ad un gatto inferocito,
e poi hanno picchiato e picchiato,
finché tutto è diventato un unico grumo di sangue.
Ci hanno tenuti per giorni e giorni
rannicchiati nel gabinetto puzzolente del sottoscala,
nel tormento fisico e nell’imbarazzo morale.
Per dormire ci hanno accatastato
in una striscia di cemento di soli trentanove centimetri;
hanno bagnato continuamente le nostre topaie d’isolamento,
perché non potessimo distenderci;
hanno tagliuzzato la carne delle nostre cosce
e hanno riempito le ferite di sale;
hanno messo le nostre figlie
nella stessa cella di maschi musulmani
e una ragazza musulmana
nella stessa cella di un frate.
Hanno distrutto Maria,
lasciandola imputridire digiuna
tra cenci sempre appositamente inzuppati:
un amore di ragazza, a ventisei anni!
Hanno frantumato i nostri denti a calci e pugni;
hanno pestato le nostre dita
finché le nostre unghie annerite cadessero nel dolore.
Hanno fatto brulicare i parassiti nella nostra carne:
pulci, cimici e pidocchi: quanti!
Poi ci hanno disinfestato gli ambienti
coprendoci d’insetticidi per tre giorni…
Ci hanno appeso per i piedi come animali macellati.
Albania insanguinata!

 

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

 

Abbiamo marciato nei canali che abbiamo costruito da forzati,
e tanti e tanti di noi siamo morti nel fango.
Hanno scavato i nostri volti e i nostri corpi:
non c’è piú bellezza né vigore in noi.
Come vermi, e non uomini, abbiamo brulicato
tra i minerali, sotto terra…

 

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

 

Ci hanno costretto ad essere fedifraghi;
ci hanno costretto a fare la spia ai fratelli;
hanno carpito ai nostri bambini un qualunque segno di Fede
per poterci imprigionare;
sotto tortura ci hanno ingiunto di affermare il falso
e di tradire i fratelli…
Ci hanno tolto pure le lacrime per i nostri fratelli
che hanno assassinato, pena la prigione.

 

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

 

Ci hanno rubato la creatività, l’iniziativa, la cultura;
gli stessi nostri preti sono rimasti vuoti,
stranamente poveri…
I fortunati di noi hanno potuto gridare
«Viva Cristo Re!»
davanti al plotone d’esecuzione
dietro il muro del cimitero cattolico,
e ora là c’è il platano che testimonia,
perché le nostre fosse non le hanno fatte profonde:
i cani sono venuti a grattare sulle nostre salme,
e quindici anni dopo, la calce viva ha bruciato, ha bruciato…
Albania insanguinata…

 

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

 

La nostra Fede, però, no,
non l’hanno potuto toccare!
Ed è rimasta come fiaccola
nell’eclisse della ragione, dell’umanesimo, dei valori,
dove tutto il resto è andato distrutto.
Se avessero potuto, avrebbero sradicato anche le nostre anime!
Ma questo, no, non l’hanno potuto fare.
Noi abbiamo affidato a Te, Signore,
cos’è avanzato delle nostre anime,
a Te abbiamo affidato cos’è avanzato dei nostri corpi;
e ognuno di noi ora aspetta da Te
di rifiorire di carne gloriosa.
Signore, che non sia l’odio adesso
a vanificare la nostra Fede!
Non permettere che ora siano le nostre anime a morire…

 

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,
e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne
il peccato dei fratelli.

 

Scutari, Albania, 6 luglio 1993