There’s no plan(et) B

di Valentina Bonzi

15 marzo 2019, Milano.
Su le mani per il pianeta.
Scendi giú, scendi giú, scendi in piazza pure tu

Per le vie del centro del capoluogo lombardo (contemporaneamente a moltissime altre città d’Italia, d’Europa, del mondo), per un giorno, risuonavano rumori diversi dai soliti clacson, motori di auto, ruote del tram. Per un giorno la routine frenetica milanese ha lasciato spazio alla protesta, alla speranza, a questi cori, a noi.
Perché sollevare le mani al cielo? Perché scendere in piazza? Perché siamo giovani e il futuro è ormai nostro, ma il mondo non ancora. E chi ancora lo governa lo sta portando all’estinzione. Si può discutere sull’efficacia delle manifestazioni (io per prima sono stata scettica fino all’ultimo), ma mi sono ricreduta: stare in mezzo a piú di 100.000 ragazzi, bambini, ma anche genitori, insegnanti e nonni, ti apre gli occhi. Vedere cosí tanta determinazione e unione da parte di una generazione «disinteressata, distratta da smartphone e social», fa un certo effetto. Mette i brividi, ti fa sentire parte di qualcosa di grande e potente, ti fa sentire invincibile.
Sono sempre stata abituata a quei piccoli accorgimenti – la raccolta differenziata, non buttare nulla per terra –, ma mai come quel venerdí mattina mi sono resa conto di quanto questa questione sia importante, ma soprattutto, riguardi me. Mi sono accorta della quantità di plastica che viene prodotta in casa mia, di quanto tempo passo sotto la doccia bollente, e tante altre azioni quotidiane a cui non si presta attenzione, perché ormai sono l’abitudine. Ho capito che, se non viene cambiata, non ci sarà un futuro. Per me.
Ma che cosa bisogna cambiare? Il governo? Forse.

I’m starting with the man in the mirror […] if you want to make a world a better place, take a look at yourself and then make a change.

Iniziare con l’uomo allo specchio, cantava Michael Jackson, perché, se vuoi rendere il mondo un posto migliore, devi essere tu il primo a fare il cambiamento. Perché protestare se durante il corteo stesso fumiamo e buttiamo i mozziconi a terra? Perché quando torniamo a casa prendiamo la macchina per fare tragitti che le nostre gambe sono in grado di coprire? Perché teniamo i riscaldamenti a venticinque gradi e non ci mettiamo una felpa in piú?
Il cambiamento deve partire da noi, nel nostro piccolo. Perché a vent’anni non conti nulla, non puoi con le tue mani fermare il disboscamento, regolamentare i consumi delle grandi aziende, partecipare alle conferenze sui cambiamenti climatici. Puoi però fare il possibile nel tuo piccolo, come ci ha insegnato Greta Thunberg, guida di questo movimento, ed essere circondato da tante, tantissime persone, e – si sa – l’unione fa la forza, salva il pianeta.
Durante la manifestazione, qualcuno ha difeso la sigaretta per terra: «non siamo qui a protestare per la sigaretta per terra ». Mi ha infastidito: come possiamo ribellarci contro chi dovrebbe rappresentarci, ma non rispetta il nostro futuro, quando noi con un mozzicone ci comportiamo allo stesso modo? Allora forse stiamo manifestando per criticare il governo l’ennesima volta per l’ennesimo motivo.
Quindi scendere in piazza è inutile? no, anzi. Protestiamo ancora, perché il futuro appartiene a noi, ed è giusto che chi deve e ha i mezzi, agisca. Abbiamo sogni e vogliamo realizzarli, ma senza regolamentazioni e un cambio di mentalità, non ne avremo il tempo. È inutile sperare nell’«avvento delle nuove generazioni che dovranno ideare nuove strategie per risolvere tutto questo». Ancora una volta c’è bisogno di collaborazione tra noi e gli adulti, i grandi. Noi nel piccolo e nel quotidiano, loro nel grande. E se i cortei e gli scioperi sono l’unico mezzo per convincere almeno qualcuno ad aprire gli occhi continueremo a farlo, magari la prossima volta non buttando le sigarette per terra.